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Il documento informatico privo di firma digitale e la sua efficacia probatoria

Con sentenza n. 11445 del 6.9.2001, la Corte di Cassazione civile, sez. lavoro, ha affermato che “[…] in tema di licenziamento per giusta causa, i dati forniti da un sistema computerizzato di rilevazione e documentazione possono costituire, ai sensi dell’art. 2712 c.c., e dell’art. 5, comma 2 del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, prova del fatto contestato, ove sia accertata la funzionalità del sistema informatico e le risultanze di esso possano assurgere a prova presuntiva congiuntamente a circostanze esterne ad esso, altrimenti provate”.

Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha abbracciato l’orientamento interpretativo della giurisprudenza di merito, secondo il quale la giusta causa del licenziamento disciplinare dei lavoratori dipendenti può essere provata attraverso documenti elettronici. L’art. 15, co. 2, della legge 15.2.1997, n. 59 prevede che i documenti, nonché gli atti formati dai privati con strumenti informatici o telematici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. Il D.P.R. 10.11.1997, n. 513, dando attuazione alla norma citata, ha disciplinato la valenza formale e probatoria dei documenti informatici. In particolare, l’art. 5, co. 2, ha statuito che il documento informatico privo di firma digitale ha l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2712 c.c. Quest’ultimo documento, quindi, deve essere ricondotto tra le “riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose, le quali formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”. Secondo la Corte, quindi, il disconoscimento della conformità dei documenti elettronici ai fatti ivi rappresentati, non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, incluse le presunzioni.