Approvate le modifiche alla Legge n. 184 del 1983, c.d. “legge sulle adozioni”.
Le modifiche, recentemente approvate dal Senato, alla legge n. 184/1983, incidono in modo significativo non solo sulla disciplina delle adozioni, ma anche su quella relativa all’affidamento. Lo scopo, che caratterizza l’intero impianto della legge, consiste nel garantire al minore il diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia. Sono quindi previsti interventi, da parte dello stato, delle regioni e degli enti locali, atti ad assicurare un sostegno economico alle famiglie in difficoltà, per prevenire situazioni di abbandono del minore.
Solo nei casi in cui i sostegni economici non sono comunque in grado di assicurare un ambiente familiare idoneo alla crescita del bambino, è previsto l’intervento, dapprima dell’istituto dell’affidamento e, in secondo luogo, quello dell’adozione. Il riformato art. 1 della L. n. 184/83 prevede, a differenza della previgente disposizione, un vero e proprio programma di interventi pubblici di sostegno alla famiglia in difficoltà. La legge riformula l’art. 5, prevedendo un ampliamento, e prima ancora una specificazione, delle potestà in capo al soggetto affidatario. “L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori […], o del tutore, e osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante […]. In ogni caso l’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L’affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativa al minore affidato”. Importanti novità sono state inserite anche nell’art. 22, relativo all’ “affidamento preadottivo”, in particolare per quanto riguarda i diritti delle famiglie in attesa dell’affidamento. Passando all’istituto dell’adozione, è importante, in primo luogo, rilevare il cambiamento dei limiti di età: il limite massimo di differenza di età tra adottante e adottato passa da 40 a 45 anni, con la possibilità ulteriore per uno solo dei coniugi di superare il limite, qualora “il Tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore” (art. 6, comma 5). Infine, una novità investe anche il requisito della convivenza coniugale, come presupposto per proporre domanda di adozione: l’adozione è consentita quando i coniugi sono uniti in matrimonio da almeno tre anni, ma tale requisito di stabilità “può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto” (art. 6, comma 4).