La recente pronuncia della Corte di Cassazione sulla responsabilità del medico chirurgo.
La Corte di Cassazione, Sez. III, con sentenza 16 febbraio 2001, n. 2335 ha affermato: “Il concorso di cause naturali non imputabili quando è talmente stringente da concretare il caso di forza maggiore, porta a risolvere negativamente il problema della responsabilità imputabile a un terzo, ma non può mai ridurre proporzionalmente, di questo terzo, l’esposizione risarcitoria in ragione della minore gravità della sua colpa, per l’assorbente considerazione che una comparazione del grado di incidenza eziologia di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli, non già tra una causa umana imputabile e una concausa naturale non imputabile”.
Con questa pronuncia la Corte di legittimità integra il quadro della responsabilità medica con riferimento particolare all’attività del chirurgo. Quest’ultimo, infatti, risponde per intero del danno verificatosi nel corso dell’intervento, a prescindere dal concorso di cause naturali nella produzione dell’evento, nel caso in cui egli sia l’unico autore materiale del fatto. La responsabilità del chirurgo trova un limite, invece, nel caso si verifichi un fatto naturale che sia di per sé solo idoneo a causare l’evento dannoso, indipendentemente, questa volta, dalla presenza di un comportamento umano. Il principio espresso dalla Corte di Cassazione trova il suo fondamento, rispettivamente, nell’art. 41, comma 1, c.p. che stabilisce: “il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra la azione od omissione e l’evento”e nell’art. 41, comma 2, c.p. che afferma: “le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento”.