L’azienda può essere sottoposta a sequestro preventivo.
La Corte di Cassazione, VI° sezione penale, con una innovativa sentenza depositata il 26.7.2001, ha affermato che l’azienda può essere sottoposta a sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., nel caso in cui sussista un rapporto strumentale diretto tra il bene in oggetto e la realizzazione di profitti illeciti. Il sequestro preventivo, quindi, quale misura cautelare reale, può essere disposto dal giudice con decreto motivato, previa dimostrazione che attraverso l’esercizio della lecita attività di impresa, siano stati perseguiti scopi illeciti e che l’azienda stessa abbia l’attitudine ad aggravare o protrarre le conseguenze del reato.
La sentenza in commento viene segnalata per l’orientamento interpretativo di cui si fa portatrice, sconfessando i precedenti giudicati della giurisprudenza di legittimità sul tema. La Corte di Cassazione, infatti, ha sempre ritenuto improponibile la richiesta di sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., di una intera azienda che, accanto ad attività lecite, eserciti anche attività penalmente sanzionabili. Il sequestro preventivo è una misura cautelare reale, con lo scopo di impedire la libera disponibilità di un bene pertinente al reato, nel caso sussista il ragionevole timore che il bene stesso possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito. Con le precedenti pronunce, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente escluso la possibilità di dimostrare l’esistenza di un collegamento funzionale, di tipo strumentale, tra l’azienda e il reato verificatosi. La sentenza in esame afferma, invece, che “non sarebbe giuridicamente corretto escludere dalle categorie assoggettabili a sequestro preventivo le aziende che, accanto a traffici illeciti, svolgano anche normali attività imprenditoriali. Anzi, di solito, è proprio questo che accade, visto che la liceità serve a coprire la commissione di reati. […] La presenza di attività lecite costituisce un motivo di pericolo ulteriore, perché tali attività, diventano paradossalmente fonte di maggiori rischi per la collettività, in quanto generano un inevitabile affidamento da parte dei terzi”.