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La Corte di Giustizia europea afferma il principio della non brevettabilità delle biotecnologie.

Lo scorso 9 ottobre, la Corte di Giustizia delle Comunità europee si è pronunciata sul ricorso presentato nel 1998 dai Paesi Bassi (e sostenuto dall’Italia), per ottenere l’annullamento della direttiva 98/44/CE. Tale direttiva rappresenta il riconoscimento ufficiale, a livello comunitario, del principio della brevettabilità delle biotecnologie. La Corte adita ha rigettato il ricorso proposto dai Paesi Bassi, in considerazione del forte limite posto dalla direttiva comunitaria al diritto dei brevetti, affinché il corpo umano resti indisponibile ed inalienabile e sia salvaguardata la dignità umana.

La direttiva comunitaria, oggetto del ricorso alla Corte di Giustizia, rappresenta il punto di arrivo di un travagliato percorso compiuto dalle Istituzioni comunitarie, per giungere alla armonizzazione normativa nel settore delle biotecnologie. Nel preambolo della stessa direttiva, si evidenzia come la tutela delle invenzioni biotecnologiche sia uno strumento indispensabile per lo sviluppo industriale della Comunità e per il funzionamento del relativo mercato. I Paesi Bassi hanno rilevato come, d’altra parte, lo strumento della direttiva non solo non sia idoneo al riavvicinamento delle disposizioni nazionali tese al funzionamento del mercato interno, ma non sia nemmeno in grado di eliminare le incertezze a livello normativo. La Corte di Giustizia, respingendo il ricorso, ha affermato che la stessa direttiva pone dei limiti ben precisi al diritto dei brevetti, nel rispetto della dignità umana, ma ha sentito, altresì, l’esigenza di ribadire fermamente tali limiti. Tale intervento si è reso necessario in conseguenza del forte clamore suscitato, nell’opinione pubblica, dalla recente decisione dell’Ufficio europeo dei brevetti, di concedere un brevetto relativo alla manipolazione genetica di cellule ed embrioni umani.