Il dipendente che non denunci le irregolarità commesse dal suo superiore può subire il licenziamento per giusta causa
La Cassazione civile, sezione lavoro, con sentenza n. 7819 del 2001 ha stabilito l’obbligo del prestatore di lavoro subordinato di segnalare le irregolarità commesse dal suo diretto superiore gerarchico, pena la possibilità di subire il licenziamento per giusta causa. La ratio sottesa alla giusta causa del licenziamento consiste nella violazione, da parte del lavoratore, degli obblighi di fedeltà e di diligenza, cui egli è tenuto a rispettare (artt. 2105-2104 c.c.). La Corte rileva, in particolare, che l’obbligo di fedeltà “aldilà delle specifiche previsioni contenute nel testo della disposizione, va riferito anche agli obblighi non codificati conseguenti al generale dovere di esecuzione del contratto secondo buona fede, ai sensi degli artt. 1176 e 1375 cod. civ.”.
La fattispecie affrontata dalla Suprema Corte riguarda il licenziamento di una dipendente di un istituto bancario, venuta meno, mediante la sua condotta, agli obblighi di fedeltà e di diligenza nei confronti del datore di lavoro. La dipendente, che ricopriva la carica di vice-direttore della filiale, aveva omesso di segnalare agli organi ispettivi della banca, le irregolarità commesse dal suo immediato superiore gerarchico. Secondo la Corte, “il licenziamento per giusta causa può considerarsi legittimo soltanto se, valutata in concreto ogni circostanza, sotto il profilo sia oggettivo sia soggettivo, la mancanza del lavoratore si presenti di tale gravità da far venir meno l’elemento fiduciario costituente il presupposto fondamentale della collaborazione tra le parti del rapporto di lavoro e da rendere ogni altra sanzione inidonea a tutelare l’interesse del datore di lavoro”.