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Il diritto alla provvigione del mediatore necessita di un nesso causale tra l’attività svolta e la conclusione dell’affare.

La Corte di Cassazione civile, sezione III, con sentenza 2.8.2001, n. 10606, ha affermato che il diritto alla provvigione, previsto a favore del mediatore, può nascere solo nel caso in cui “[…] la sua attività costituisca un antecedente causale indefettibile per la conclusione dell’affare”. La suprema Corte ha rilevato, comunque, come l’attività del mediatore debba essere riconosciuta, anche ai fini della provvigione, in qualsiasi momento della negoziazione, “[…] sia all’inizio, quando il mediatore segnala l’affare, sia nel corso delle trattative […]”, ma come, allo stesso tempo, il diritto alla provvigione presupponga la indispensabile conclusione dell’affare, in relazione al quale il mediatore ha prestato la propria attività.

Il titolare di una agenzia di mediazioni immobiliari cita in giudizio le parti di un contratto di compravendita, che, qualche anno prima, aveva provveduto a mettere in contatto per la conclusione dell’affare, avente ad oggetto lo stesso immobile successivamente compravenduto. Il mediatore, non avendo ricevuto la provvigione, adisce il giudice per l’accertamento del suo diritto. In primo grado la sua domanda viene accolta, ma la sentenza di merito viene riformata dal giudice d’appello che non riconosce il suo diritto alla provvigione. In questo senso si esprime anche la Corte di Cassazione, la quale rileva come, nella fattispecie, il contratto si sia concluso tramite una persona diversa dal mediatore incaricato. Il diritto alla provvigione, infatti, non deve essere riconosciuto in capo al soggetto che si sia limitato a segnalare l’affare ad altri, il quale abbia proceduto personalmente a ricercare il contraente e a mettere in contatto le parti del contratto successivamente concluso. Presupposto indispensabile, al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione, è la sussistenza di un nesso causale tra l’attività concretamente volta e la conclusione dell’affare.