La Corte di Cassazione civile si pronuncia, a Sezioni Unite, sulla risarcibilità del danno morale.
La Corte di Cassazione civile, Sez. Unite, con sentenza n. 2515 del 21.2.2002, è intervenuta sul tema della risarcibilità del danno morale e sui suoi presupposti, affermando che: “[…] in caso di compromissione dell’ambiente a seguito di disastro colposo (art. 449 c.p.), il danno morale soggettivo lamentato dai soggetti che si trovano in una particolare situazione (in quanto abitano e/o lavorano in detto ambiente) e che provino in concreto di aver subito un turbamento psichico (sofferenze e patemi d’animo) di natura transitoria a causa dell’esposizione a sostanze inquinanti ed alle conseguenti limitazioni del normale svolgimento della loro vita, è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione all’integrità psico-fisica (danno biologico) o di altro evento produttivo di danno patrimoniale, trattandosi di reato plurioffensivo che comporta, oltre all’offesa all’ambiente ed alla pubblica incolumità, anche all’offesa ai singoli, pregiudicati nella loro sfera individuale […]”.
Con la recente pronuncia a Sezioni Unite del 21.2.2002, la Corte di Cassazione civile compone un ampio dibattito, che ha coinvolto sia la dottrina che la giurisprudenza. Il dubbio interpretativo riguarda la possibilità di risarcire il danno morale soggettivo, verificatosi a seguito di un fatto illecito integrante una fattispecie di reato, a prescindere dal verificarsi di un danno alla integrità psico-fisica del soggetto coinvolto (c.d. danno biologico). La giurisprudenza di legittimità si è pronunciata con le sentenze n. 4631/1997 e n. 5530/1997, nelle quali ha escluso che il danno morale possa essere risarcito in assenza di danno biologico, sul presupposto che il primo abbia natura di danno-conseguenza, “[…] risarcibile solo ove derivi dalla menomazione dell’integrità fisica dell’offeso o da altro tipo di evento produttivo di danno patrimoniale […]”. Le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, affermano invece che dalla natura plurioffensiva del reato di disastro colposo, ex art. 449 c.p., discende non solo la lesione al bene pubblico dell’ambiente, ma anche l’offesa ai singoli soggetti che, abitando o lavorando in quel determinato ambiente, sono sottoposto ad un “[…] pericolo astratto di attentato alla loro sfera individuale […]”. L’art. 185 c.p., inoltre, al quale rinvia l’art. 2059 c.c. in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, non richiede altro che il verificarsi di un transeunte perturbamento psichico della vittima, nella forma di sofferenze e patemi d’animo.