Non è risarcibile il danno biologico degli eredi, in seguito alla morte del congiunto
La Corte Suprema di Cassazione, Sez. III, 12.11.1999, n. 12756, ha confermato il proprio precedente orientamento, secondo cui “in difetto di prova di una lesione della integrità psicofisica del soggetto, che sia conseguita alle sofferenze indotte dalla perdita del congiunto (le quali pure, già di per se stesse, incidono sulla qualità della vita e sono tuttavia risarcibili solo quale danno morale […]), non è configurabile un danno biologico risarcibile, per i congiunti della persona deceduta.
La Corte affronta il problema della trasmissione agli eredi del diritto al risarcimento per danno biologico derivante da morte, spettante al deceduto. la Corte nega che al deceduto spetti, in linea teorica, tale diritto. Autorevole dottrina è di parere contrario. La dottrina, infatti, tende ad equiparare il danno da morte al danno biologico pari al 100% di invalidità, subito dal deceduto, danno che potrebbe essere richiesto dagli eredi in luogo del danneggiato. La giurisprudenza ha costantemente negato questa ricostruzione, partendo dal presupposto che “la lesione dell’integrità fisica con esito letale, intervenuta immediatamente o a breve distanza di tempo dall’evento lesivo, non è configurabile quale danno biologico, dal momento che la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute”, ma incide sulla vita stessa, bene che non può essere monetizzato avendo valore incommensurabile. Secondo la giurisprudenza, dunque, in tali casi la lesione della vita non costituisce “danno alla salute” indennizzabile come danno biologico spettante al deceduto. Nel caso, invece, di morte sopraggiunta non immediatamente o a breve distanza, ma dopo un arco di tempo apprezzabile, la giurisprudenza ammette il sorgere del diritto al risarcimento del danno, in capo al danneggiato, e quindi la sua trasmissibilità agli eredi.