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Il condominio non è responsabile per i danni cagionati al condomino, dal difetto di isolamento termico tra il piano cantinato e l’appartamento sovrastante.

La Cassazione civile, con sentenza 4.6.2001 ha affermato che : “il difetto di isolamento della soletta divisoria tra il piano cantinato di proprietà condominiale e l’appartamento sovrastante deve intendersi quale vizio di quest’ultima proprietà individuale, non riferibile alla cosa comune, trattandosi di una superficie coperta e non di una parte comune dell’edificio destinata a isolarlo dagli agenti atmosferici (come il tetto, il terrazzo di copertura, o i muri perimetrali), con la conseguenza che il condomino proprietario che abita al di sopra delle cantine condominiali, per ottenere un’adeguata coibentazione del piano di calpestio del suo appartamento, dovrà agire nei confronti del costruttore e non nei confronti del condominio”.

Nel caso in questione, un condomino, proprietario dell’appartamento sovrastante una cantina, parte comune del condominio, si era rivolto al Tribunale di Verona per ottenere la condanna del condominio medesimo ad isolare il solaio confinante con il suo appartamento. Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno respinto le richieste dell’attore, formulando delle argomentazioni accolte e riprese dalla Corte di Cassazione. La natura, la destinazione e la funzione del vano cantina, infatti, dipendono dalla posizione interrata dello stesso. Ne deriva, quindi, che sul condominio non incombe alcun obbligo di intervento ai fini dell’isolamento. La Corte, inoltre, ha rilevato come il vizio non riguardasse la parte comune, ma proprio la singola porzione dell’edificio, di proprietà individuale, con conseguente diritto-dovere del proprietario di rivolgere la domanda risarcitoria nei confronti del costruttore e non del condominio. A diversa soluzione la Corte sarebbe giunta nel caso in cui i danno fossero stati cagionati da vizi costruttivi afferenti parti comuni dell’edificio. Solo in questo caso, infatti, il condominio risponderebbe dei danni, per l’inosservanza dell’obbligo di provvedere, quale custode, a eliminare le caratteristiche dannose della cosa, ex art. 2051 c.c.