Il conduttore, che continui ad abitare l’immobile, è obbligato a pagare il canone anche nel caso in cui l’immobile stesso si trovi in stato di degrado.
Con sentenza 7.3.2001, n. 3341, la Corte di Cassazione civile ha affermato che il conduttore non può rifiutarsi di pagare il canone di locazione dell’immobile da lui abitato, lamentando lo stato di degrado in cui si trova l’immobile e il mancato adempimento degli obblighi da parte del locatore. L’elemento, sul quale si basa la pronuncia della Corte e che giustifica la permanenza dell’obbligo, in capo al conduttore, di corrispondere il canone di locazione, consiste nel fatto che il conduttore medesimo, continuando ad abitare l’immobile, ha ricevuto la prestazione che fa capo al locatore e che trova il proprio corrispettivo nel canone di locazione.
Nella fattispecie il locatore aveva ottenuto nei confronti del conduttore un provvedimento di sfratto per mancato pagamento dei canoni di locazione. Il Pretore aveva accolto la richiesta del locatore nonostante il conduttore lamentasse lo stato di degrado in cui si trovava l’immobile, nonché il mancato adempimento degli obblighi facenti capo al locatore. Il Tribunale di Bologna riformava la sentenza dichiarando legittima la mancata corresponsione dei canoni di locazione per l’inadempimento del locatore medesimo. La Cassazione interviene con una nuova riforma alla sentenza impugnata, e sulla base dell’art. 1460 c., secondo il quale “nei contratti a prestazioni corrispettive ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie […]”, ritiene, però, che l’eccezione di inesatto adempimento formulata dal conduttore” postuli la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti”. Nel caso di specie, il conduttore ha continuato a godere dell’immobile nonostante la presenza di vizi, ed ha ricevuto, conseguentemente, la prestazione del locatore. “Non può lo stesso sospendere l’intera sua prestazione, poiché in questo caso mancherebbe la proporzione tra i due inadempimenti”. Al limite, secondo la Corte, la presenza di vizi nell’immobile abitato, poteva giustificare “solo una riduzione” dello stesso canone “proporzionata all’entità del mancato godimento”.