Atti di concorrenza sleale e responsabilità concorsuale del provider.
Con provvedimento del 23.3.2001, il Tribunale di Siracusa ha ritenuto che il provider concorra nella responsabilità per atti di concorrenza sleale con il soggetto che utilizza il marchio altrui come proprio nome a dominio. La responsabilità, per dolo o colpa, del provider trova fondamento nel dovere, che incombe su quest’ultimo, di vigilare e controllare il contenuto del materiale informativo che viene introdotto nella Rete, al pari del proprietario di qualsiasi canale di comunicazione destinato ad un pubblico di lettori od utenti. Secondo l’innovativa pronuncia di merito, quindi, il provider risponde per non avere ottemperato al dovere giuridico di attivarsi per evitare un danno a terzi, assumendo una condotta colposa o dolosa.
La pronuncia del Tribunale di Siracusa, sopra indicata, rileva per due motivi: da un lato per aver confermato l’orientamento che attribuisce ai nomi a dominio una doppia tutela attraverso la normativa a protezione di marchi (R.D. n. 929/1942) e le norme del codice civile repressive della concorrenza sleale (art. 2598 e ss. c.c.); dall’altro per aver affermato un principio innovativo, secondo il quale il provider concorre nella responsabilità per atti di concorrenza sleale commessi da colui che utilizza come proprio nome a dominio il marchio altrui. Il Tribunale di Siracusa ha ritenuto applicabile alla fattispecie oggetto del suo esame l’art. 2598, comma 3, del cod. civ., che sanziona gli atti di concorrenza sleale commessi, anche indirettamente, con ogni mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda. In base al disposto dell’articolo appena citato, il provider concorre nella responsabilità per concorrenza sleale con il soggetto che si serve del marchio altrui, per avergli fornito i mezzi idonei o compiuto gli atti preparatori alla condotta illecita. Il provider, infatti, offrendo la possibilità di accedere alla rete Internet, agevola la commissione di atti di concorrenza sleale nel momento in cui viene meno al dovere giuridico di vigilare sul materiale informativo posto nella rete stessa e, in particolare, sulla legittima titolarità dei marchi e dei segni distintivi utilizzati. Tale responsabilità, comunque, si ravvisa solo in presenza di condotta colposa o, al limite, dolosa.